Spesso quando si parla del Crollo della Borsa di Wall Street che nel 1929 mise in ginocchio gli Stati Uniti d’America si tende ad identificare tale avvenimento come la principale causa della Grande Crisi (Grande Depressione). In realtà quel famoso Giovedì Nero altro non fu che la naturale conseguenza di una crisi che si stava delineando già dalla prima metà degli anni ’20.

Volendo fare un quadro generale di quelli che fu la situazione nel lasso di tempo che va dal 1919 al 1928 dobbiamo considerare innanzitutto che trattandosi degli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale comportando gravi perdite sia umane che finanziarie.

Sul fronte europeo il Fascismo stava guadagnando potere e gli stati nati dalla caduta dell’Impero Asburgico (Jugoslavia, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia) limitavano gli scambi internazionali così come faceva anche la Russia a seguito della Rivoluzione.

In questo quadro si inserisce la crisi economica tedesca dovuta agli ingenti risarcimenti di guerra che la Germania era stata condannata a pagare e prendeva forma già quella corrente di pensiero che sarebbe stata chiamata in seguito Hitlerismo. La libera impresa si scontrava con i regimi social comunisti e alle lotte di classe si affiancavano i crediti bloccati da parte delle banche ed uno stato di inquietudine generale.

Solo l’America sembrò non risentire di ciò che stava succedendo oltreoceano ma anzi visse un boom economico che la portò ad una crescita industriale mai vista prima.

I processi produttivi soprattutto nell’industria di massa vennero razionalizzati mirando ad abbattere i tempi morti durante il lavoro (ne è un esempio l’utilizzo della catena di montaggio adottata per la prima volta dalla Ford nel 1913). Beneficiarono della fiorente economia il settore elettrico e quello edile ma anche il settore agricolo e la produzione di acciaio.

L’industria automobilistica fu la più fiorente, alla Ford si affiancarono numerosi concorrenti e l’automobile venne sempre più considerata un sostegno importante in tutte le situazioni della vita comune. Diffidando a causa delle agitazioni europee degli immigrati, in quel particolare momento storico, le banche accettavano come clienti per lo più uomini che offrissero garanzie solide e che non provenissero da paesi socialisti. Amedeo Giannini, italiano, fondò nel 1919 la Banca d’Italia che poi divenne Banca d’America portando avanti una politica di apertura nei confronti di quei clienti che venivano rifiutati da altri banchieri come ad esempio donne e cittadini russi. Si assiste a questo punto alla nascita del mercato di massa e della pubblicità che si diffuse grazie alla presenza in ogni casa di una radio nonché del consumismo così come lo intendiamo ai giorni nostri.

Mentre cresceva il benessere e la conseguente fiducia degli americani nei confronti del Sistema, si diffuse l’idea che investire risparmi in Borsa fosse l’unico modo per assicurarsi notevoli profitti. Vi fu quindi un proliferare di speculazioni e non era raro che le società si accordassero tra loro comprando azioni di nascosto e corrompendo giornalisti per far propaganda ai titoli di loro interesse. Il valore delle azioni cresceva e la compravendita era sempre più frenetica. Le banche di conseguenza adeguarono il sistema dei prestiti, le società aumentarono gli stanziamenti in borsa affinché potessero essere erogati e il risultato fu che gli investitori si indebitavano pur di assicurarsi la ricchezza. Il mercato azionario fu quindi manipolato senza che la gente si preoccupasse della bontà dei titoli acquistati.

Si può riassumere il periodo storico come un momento di massificazione dei mercati, di speculazioni azionarie e bancarie, di indebitamenti e di consumismo e spreco del denaro da parte del ceto medio.

Quando Herbert Hoover venne eletto alla Presidenza degli Stati Uniti nel 1929 dichiarò che l’America aveva raggiunto la stabilità e il livello di sicurezza maggiori di ogni secolo. Tutto precipitò in pochi giorni

Da qualche settimana la borsa stava subendo contrazioni dei titoli quando il 24 Ottobre di quello stesso anno (conosciuto come Giovedì nero) 12.894.650 azioni crollarono rovinosamente gettando nel panico la maggior parte degli investitori.

Le società speravano si trattasse di un problema temporaneo, nonostante un riassestamento nel fine settimana, il 29 Ottobre (Martedì nero) le azioni persero il 43% dei punti. Fu il giorno peggiore ed è questa la data con cui la storia ufficializza l’inizio della Grande Crisi Economica che si allargò fino a raggiungere l’Europa ad eccezione dell’URSS che si era estraniata completamente dal mercato mondiale.

La politica successiva di Hoover non fu risolutiva per la crisi e la sua efficacia fu quasi nulla. Il Presidente si oppose alle misure di assistenzialismo verso i ceti più poveri ma ribadì che era compito delle strutture private e non del Governo occuparsene e allo stesso tempo tentò di stimolare la spesa per opere pubbliche. Nel frattempo inviò una serie di proclami che dovevano servire a rassicurare i cittadini americani sullo stato delle cose ma più passava il tempo più la crisi peggiorava, arrivando al suo momento peggiore nel 1931. Per questo motivo il Presidente cominciò a perdere popolarità.

Le imprese non erano più in condizione di pagare i debiti, le banche rasentavano il fallimento, gli stipendi subirono una diminuzione rovinosa, si ebbe un aumento vertiginoso della disoccupazione e in generale il ceto medio fu quello più colpito.

Le prime settimane del Presidente Roosevelt, eletto nel 1933, vennero chiamate “I cento giorni” e videro susseguirsi velocemente una serie di leggi per ristabilizzare l’economia nazionale. In particolare istituì la cosidetta “vacanza bancaria”, quattro giorni in cui le banche di tutto il Paese rimasero chiuse per permettere alle istituzioni di riorganizzarsi.

Lo stesso provvedimento fu preso dalla Germania che subì un vero e proprio assalto da parte dei risparmiatori che volevano convertire i risparmi in oro o chiudere conti. Fallirono oltre 2100 banche.

Come conseguenza Roosevelt emanò due decreti l’Emergency Bank Relief Act (marzo 1933) e il Gold Reserve Act(gennaio 1934) in cui proibì la circolazione di monete d’oro degli Stati Uniti ad eccezione di quelle da collezione.

Gli istituti bancari vennero controllati minuziosamente da commissioni interne al Governo e solo quelli che soddisfacevano i requisiti imposti per salvare l’America dalla crisi poterono continuare la propria attività. Altre riforme mirarono a togliere il potere ai gruppi finanziari ed eliminare la speculazione oltre che a sostenere l’agricoltura.

Non si fece in tempo ad uscire dalla Grande Depressione che il mondo dovette affrontare una nuova crisi: la Seconda Guerra Mondiale.

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